Il comune di Costa di Mezzate si trova a 219 metri sul livello del mare e dista 11 Km da Bergamo. Il paese si trova allo sbocco della val Cavallina, dove l’ultimo tratto di pianura si spezza in dolci ondulazioni, la maggior parte delle quali è rappresentata da un’altura di 371 m, situata in posizione isolata rispetto alle altre, che si allineano parallelamente al piano come propaggini delle Orobie.
Dalle pendici è possibile dominare l’accesso della Valle Cavallina, importante via di comunicazione sin dai tempi più remoti.
La vallata fu percorsa da popolazioni preistoriche, tracce di presenza umana nella zona della val Cavallina si hanno fin dalla preistoria. Dai reperti archeologici ritrovati negli ultimi secoli, si può desumere che gli antichi abitanti, inizialmente trogloditi (abitanti di caverne dediti alla caccia e alla pesca), si siano trasformati in coltivatori dei terreni che progressivamente venivano bonificati dal prosciugamento di zone paludose.
Per il nostro paese sono particolarmente significativi i cosiddetti “bronzi di Costa”, tre scalpelli risalenti al XVII sec. a.C., ritrovati nel 1889 in un campo di proprietà del conte G.B. Camozzi e ora conservati presso il Civico Museo Archeologico di Bergamo.
Con il proseguire dei secoli, varie tribù si stabilirono sul territorio bergamasco fino al 196 a.C., quando la città di Bergamo passò sotto il dominio romano e la struttura socio – economica dell’impero s’impose, senza troppe difficoltà peraltro, su tutta la zona.
Al contrario, la caduta dell’impero romano d’occidente portò un notevole sconvolgimento in tutte le popolazioni. Infatti, oltre alle violenze e ai saccheggi, i longobardi che si stanziarono a Bergamo imposero un sistema economico chiuso in cui ogni centro abitato doveva essere autosufficiente. Questo ebbe conseguenze anche dal punto di vista architettonico perché il proprietario doveva avere vicino alla sua dimora i magazzini, le stalle, i fienili e tutto quanto serviva. Da qui sono nate le corti, di cui ci sono ancora degli ottimi esempi in tutta la bergamasca e nel nostro paese, solo per citarne alcune, la cascina Camozzi - Vertova e la Tinera di proprietà Gout - Ponti.
Da atti di permuta di terreni risalenti al 997 d.C. è possibile capire l’organizzazione territoriale dell’epoca. In quel periodo vi erano tre villaggi denominati Mezzate (in questo momento nel comune di Bagnatica), Cu (attorno alla chiesa di S. Giorgio), e Foppa (il quartiere Cornella di Montello) nati dal trasferimento di notabili longobardi dal centro di Bergamo.
Per questo motivo è comprensibile il fatto che, già prima dell’anno mille ci fosse una chiesa più piccola dell’attuale ma d’identica localizzazione, dedicata a S. Giorgio martire.
Dell’anno 1251, invece, è la pergamena, custodita presso la Curia Vescovile di Bergamo, in cui i villaggi di Foppa, Lantro e Mezzate sono identificati con la nuova denominazione “La Costa “ ovvero “Costa di Mezzate”. Questa data può essere assunta come “inizio” della nostra comunità, anche se lungo i secoli, i confini sono mutati molte volte a seguito di fusioni e di scissioni.
La storia del paese s’identifica in gran parte con le vicende del suo castello, che oggi è la costruzione meglio conservata di quei tempi.
Le sue mura con le trasformazioni avvenute, le aggiunte apportate, testimoniano le fasi di un’epoca durata 1500 anni, da quando i romani decisero di costruire in cima al colle alto, per motivi di avvistamento, una struttura di cui oggi non rimane che una torre.
Il castello Camozzi Vertova sorge in posizione appena elevata sul borgo agricolo; un vasto complesso di costruzioni sorto in varie riprese tra il 1000 e il 1170.
Il castello ha origini antichissime, addirittura si dice altomedioevali, ma la sua esistenza è accertata solo dall’anno 1160.
Nelle immediate vicinanze del castello, addossata al lato nord, sorge la chiesetta del XVI secolo che custodisce le lapidi sepolcrali della nobile famiglia e qui fu collocato l’altare della cappella che i Vertova possedevano nella chiesa di S. Agostino a Bergamo, da dove fu rimosso quando i decreti napoleonici decisero la soppressione dell’antico convento degli agostiniani.
In posizione sottostante rispetto al castello si trova il Palazzo Gout. Questa struttura fu edificata nel XVIII secolo e subì notevoli variazioni nel corso del tempo fino alla situazione attuale che rispecchia un gusto tipicamente settecentesco.
Il palazzo ha una pianta a forma di poligono irregolare con un piccolo cortile interno posto a una quota corrispondente al primo piano. L’edificio è suddiviso in due aree distinte: la prima destinata all’uso nobiliare da cui si accede dall’ingresso principale e la seconda in prevalenza di servizio con ingresso a nord-est.
L’ala padronale si sviluppa su tre piani serviti da due scale. L’ingresso principale è posto a sud dell’edificio e presenta un bel portale del XVIII secolo con ricca cornice in pietra di Sarnico, sormontato dallo stemma della trecentesca famiglia ghibellina dei nobili Zoppi, antichi proprietari della dimora, fiancheggiato da due figure scultoree. Un elegante scalone a due rampe con balaustra e gradini in pietra di Credaro conduce ai piani superiori. La grande parete al primo piano, prospiciente la scala, è interamente affrescata e nella parte centrale è visibile una raffigurazione a carattere esoterico in cui è possibile leggervi un elemento zodiacale (capricorno) databile XVIII secolo.
Il salone principale è a pianta rettangolare ed è completamente affrescato da raffigurazioni di elementi architettonici che creano effetti prospettici. Sono inoltre rappresentati, tra le architetture, elementi raffigurativi quali statue, vasi e motivi floreali. A destra, sulla stessa parete, si accede a un piccolo vano (Cappella dei SS. Domno, Domeone ed Eusebia martiri) interamente decorato con stucchi in bassorilievo raffiguranti elementi figurativi e naturalistici allegorici.
Una nicchia accoglie, sulla sinistra, una coppa di marmo che raccoglie l’acqua che fluisce dalla bocca di un elemento figurativo posto sulla parete. Di fronte alla fontana è incastonato fra gli stucchi, che ne descrivono la cornice, uno specchio d’epoca. Assai interessante è lo stucco del soffitto raffigurante un viso raggiante circondato di fronde d’ulivo e colombe. Nella prima saletta spicca un bellissimo soffitto affrescato con motivi architettonici e floreali, tipici settecenteschi, sia per la ricchezza dei particolari, sia per i valori cromatici. Nella saletta adiacente, le pareti sono interamente affrescate con paesaggi nel cui sfondo sono costantemente inseriti elementi architettonici.
La chiesa parrocchiale, dedicata a S. Giorgio, è situata al piano. Innalzata nel 1510 per volere del conte Martino Vertova, fu consacrata nel 1528 e nel secolo scorso vi furono compiuti restauri e ampliamenti; nel 1924 fu rinnovata la facciata e un altro importante intervento fu portato a termine tra il 1960 e il 1962 con abbellimenti, nuove decorazioni e affreschi.
Oltre agli interessanti altari con medaglie fantoniane (1742) sono visibili all’interno: due tele di Enea Talpino detto il Salmeggia e la pala di San Giorgio al centro dell’abside di Giacomo Trecourt (1850). Della bottega del Fantoni è la statua di Cristo deposto dalla croce mentre in sacrestia è conservato un armadio con ricca decorazione settecentesca.